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venerdì 9 settembre 2011

Il coefficiente di dilatazione dell'acqua secondo la normativa 2009


FIG. 1. L’acqua si comporta in modo diverso dagli altri liquidi. Vediamo perché. Da 0 °C a 4 °C il suo volume, invece che aumentare, diminuisce con la temperatura.
…..
….. Al di sopra dei 4 °C il volume aumenta in modo regolare. Questa "anomalia" spiega perché d’inverno i laghi gelano soltanto in superficie, mentre al di sotto l’acqua rimane liquida. Così i pesci possono sopravvivere anche in climi molto rigidi.
Ci possiamo rendere conto di questo fenomeno seguendo il grafico all’indietro, da destra a sinistra. Quando la temperatura esterna si abbassa (sotto i 4°C), l’acqua che si trova in superficie comincia a raffreddarsi e a gelare. Si può formare quindi uno strato superficiale di ghiaccio mentre al di sotto l'acqua resta liquida, isolata dal freddo soprastante e quindi ad una temperatura superiore; in questo modo viene consentita la vita al suo interno. Possiamo dire  quindi che questa è "un'esigenza della Natura".
FIG. 2. A noi però interessa principalmente il comportamento dell’acqua a temperature che si trovano dai 20 °C (temperatura ambiente) ai 100°C (temperatura di ebollizione) e adesso anche oltre.
Ecco perché il grafico di dilatazione da prendere in considerazione è quello della seconda figura.
Il coefficiente di dilatazione è calcolato in base alla massima differenza tra la temperatura dell'acqua ad impianto freddo e quella massima d’esercizio (per unità di volume). Nel settore degli impianti di riscaldamento ad acqua calda, si assumeva, sino all’entrata in vigore delle ultime due edizioni della normativa, il valore convenzionale fisso di 0,035.
Questo perché, a favore della sicurezza, si imponeva come dilatazione massima, anche quando i dispositivi erano tarati per intervenire a valori superiori (anche 100 °C), quella corrispondente a circa 88:89 °C (il campo di dilatazione convenzionale è quello evidenziato in rosso nella FIG. 2). Il valore di e = ΔV% era fissato a 0,035 (nella normativa e(ti) viene indicato con [n(t m)/100]).
Le ultime edizioni della normativa invece, tengono conto, a causa anche del fatto che i generatori possono raggiungere una temperatura superiore ai 100 °C (sino a 110 °C), anche dell’effettivo valore di intervento dei dispositivi di sicurezza per la temperatura; in questo modo forniscono criteri meno restrittivi ai progettisti rispetto al criterio del valore fisso di 0,035, ma sempre restrittivi rispetto ai valori effettivi della dilatazione dell'acqua.
Viene pertanto imposta la seguente formula: e= (0,31 + 3,9 * 10^(-4)*tm^2)/100.
Digitando il valore della temperatura d'intervento nella casella sottostante (in cui è preimpostato 100 °C) troviamo i valori di e in funzione di ti, ossia e(ti) (o e(t m) che dir si voglia.




FIG. 3. Nel grafico della figura sopra possiamo vedere i risultati per valori da 80 °C a 110 °C.
Sia nella FIG. 2 che nella FIG. 3 è stato evidenziato, con una "banda" rossa, il valore utilizzato, nel primo caso, per ogni temperatura d'intervento dei dispositivi, nel secondo caso, in base a quanto richiesto dalle ultime normative, il valore corrispondente alla temperatura d'intervento pari a 100°C.
E' ovvio che, rispetto ai valori del coefficiente di dilatazione riportati nella FIG. 2, quelli riportati nella FIG. 3 sono valori "fittizi", ossia corretti, a favore della sicurezza, in funzione della temperatura d'intervento.
Si badi che ad una dichiarazione del progettista del valore di ti, deve corrispondere un dispositivo che intervenga veramente a quel valore (a meno della tolleranza in eccesso che dev'essere contenuta nel dato dichiarato), perché un valore d'intervento maggiore comporterebbe una verifica di calcolo differente e quindi il sopralluogo darebbe esito negativo; anche col progetto approvato e il dispositivo di sicurezza installato in efficienza.
Si comprende quindi come sia indispensabile dichiarare il valore d'intervento ... E DICHIARARLO ESATTO!
Si evidenzia infine che è essenziale dichiarare anche il valore massimo della temperatura di esercizio del generatore perché ad esempio un dispositivo con temperatura d'intervento da 105°C, perfettamente adatto ad un generatore con temperatura di esercizio pari a 110°C, non sarebbe più adatto per un generatore con temperatura massima di esercizio pari a 100°C.
E l'Ente di controllo deve essere messo in condizioni di poterlo verificare.

Rubrica Errori Comuni




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